Autore: Dott. Giuseppe Gambelli, Geologo del Gruppo Speleologico Marchigiano C.A.I Ancona.
Dalla scoperta della Grotta Grande del Vento, fatta con i miei colleghi del Gruppo Speleologico Marchigiano C.A.I di Ancona nel 1971, sono seguite esplorazioni e ricerche geologiche e geomorfologiche sul nuovo complesso carsico. Dopo decine e decine di campi interni, a molti dei quali furono invitati professori Universitari italiani e stranieri, fu indetta, come prima tappa riassuntiva, la “2° Rassegna Speleologica” del Gruppo Speleologico Marchigiano CAI di Ancona a cui hanno partecipato eminenti ricercatori. Qui il sottoscritto ha esposto tutti i dati raccolti e le varie osservazioni geomorfologiche, formulando le prime teorie sulla formazione del grandioso complesso carsico. |
Ancora oggi ad anni di distanza, si hanno continue conferme delle teorie allora esposte. Anche l’ultima scoperta speleologica nella Grotta del Buco Cattivo (località Valmontagnana) di grandi cavità simili a quelle della Grotta Grande del Vento attestano queste teorie. Questo grande complesso carsico, che ha interessato tutta l’anticlinare calcarea da Monte Frasassi a Monte Valmontagnana, si è formato grazie alla risalita d’acqua mineralizzata dal profondo, che lungo le fratture della roccia si è incontrata con l’acqua bicarbonata proveniente dalla falda di subalveo del torrente Sentino. In questi piani di faglia ed in queste rotture del calcare massicio è avvenuta la nascita della Grotta Grande del Vento.
In quel tempo il torrente Sentino aveva il suo alveo molto più in alto rispetto alla posizione attuale e tutta l’idrologia era più alta di 200-300 metri. E’ a questa altezza che si incontrarono, lungo i piani di faglia, l’acqua mineralizzata della falda artesiana e l’acqua bicarbonata del fiume che, una volta mescolate, originarono le prime sale della Grotta Grande del Vento.

Per parlare di evoluzione del sistema carsico bisogna considerare l’attività del torrente Sentino che può essere suddivisa in tre fasi principali.
Nella prima fase il Sentino aveva un carattere torrentizio con piene primaverili ed autunnali;il suo alveo subiva un rapido abbassamento originando all’interno un carsismo con condotte verticali e piccole sale mano a mano che il torrente Sentino seguitava a scendere di quota per l’intensa erosione dell’alveo l’acqua del fiume tendeva ad essere meno impetuosa, meno veloce e si passava così alla seconda fase.
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La conseguenza di questo stato di cose è che l’idrografia superficiale e quella sotterranea ad essa collegata, tendevano ad abbassarsi più lentamente, rispettando esattamente la situazione di equilibrio del fiume stesso.
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Nella terza fase il Sentino non erode più e l’acqua bicarbonata del fiume, ad esso collegata, si incontra con l’acqua solfurea, sempre alla stessa quota. Di questi cicli di erosione e successivo stazionamento se ne possono contare otto.La morfologia interna è rappresentata da svariatissime conformazioni che son raggruppabili in alcuni morfotipi essenziali:
- a) sale di origine solfurea;
- b) sale evolute;
- c) condotte forzate prettamente sub-verticali;
- d) condotte orizzontali.
Fare un discorso globale sulla stabilità della grotta potrebbe portare a dei risultati falsati, infatti, come sopra accennato le situazioni morfologiche sono multiformi e devono essere considerate e studiate caso per caso.

Sale di origine solfurea o paleosale.
Le chiameremo così perchè rappresentano una posizione statica dell’evoluzione nel tempo della grotta, infatti queste sale testimoniano la prima fase di reazione tra H2S dell’acqua solfurea (dopo la sua ossidazione) e la parete calcarea, nel punto di incontro avveniva una reazione con deposito di gesso microcristallineo bianco e dissoluzione delle pareti calcaree.
Questo processo chimico implica una continua esposizione delle pareti calcaree alle esalazioni dell’acqua solfurea pena l’arresto della reazione ma il continuo dilavamento dovuto allo stillicidio sulla parete calcarea asportava in continuazione il gesso formatosi e lo trascinava verso il basso, sia lasciando esposto il calcaree sia accumulando ingenti depositi di gesso di riempimento alla base delle paleosale (parete di dieci metri di gesso cristallino tra Abisso Ancona e sala dei Duecento definito di riempimento dal Prof.Bertolani dell’Università di Modena nell’esplorazione del 1973 e relativa pubblicazione).
Quando questo processo di formazione di paleosale si evolve in sale concrezionate come la sala delle Candeline ? Detto processo termina nel momento in cui l’enorme accumulo di gesso nelle sale raggiunge o sprofonda nella falda dell’acqua solfurea, qui si scioglie il gesso e si forma una miscela che deposita calcare. Se lo stillicidio è imponente per fattori climatici (fine glaciazione) termina la fase solfurea e domina la fase concrezionante.
Questo particolare fenomeno di deposito per miscele di acque non è uniforme ma varia logicamente da sito a sito del sistema carsico di Frasassi ma comunque ha la massima espressione dall’Abisso Ancona alla Sala delle Candeline ed i relativi piani sovrapposti.
Queste sale hanno una sezione trasversale a forma di campana, che dovrebbe corrispondere esternamente ad un ciclo interno di erosione del torrente Sentino:cioè al diminuire della forza di erosione del fiume corrispondeva internamente un aumento dello stazionamento della zona di reazione. Le paleosale si presentavano con una volta calcarea compatta senza tracce di franamenti o crolli;sono da ritenersi agibili sotto ogni punto di vista.
Le sale evolute viceversa meritano un discorso più approfondito nell’ambito della stabilità.
Esempi di questi morfotipi sono:Sala A, Sala B, Sala C, Sala E, la Sala del Pozzo Falconara e la parte finale della Sala dell’Obelisco.

Queste sale rappresentano una fase successiva alla formazione delle paleosale.
Per capire la formazione di queste cavità dobbiamo considerare il profilo di compensazione del torrente Sentino e collegato a questo la zona di incontro tra l’acqua solfurea e quella bicarbonata interne alla montagna.Dopo ripetuti cicli di erosione del torrente Sentino, si arrivò ad un periodo di stasi della posizione del suo alveo.All’interno della montagna la zona di incontro delle due acque poteva agire chimicamente sempre alla stessa quota. Prima si formarono le paleosale, poi col proseguire dello stazionamento della zona di reazione, queste si allargarono sopratutto nel senso orizzontale compromettendo la stabilità della volta calcarea che crollò portando alla unione in un’unica grande sala dei due o più piani sovrastanti.Questi fenomeni di crollo sono stati causati essenzialmente dall’ incontro di acqua solfurea e bicarbonata che stazionava sempre alla stessa quota. Oggi giorno il livello idrico delle due falde si è abbassto notevolmente, anche le manifestazioni di acqua solfurea, che una volta si estendevano su tutto il complesso con imponenti depositi di gesso, ora sono circoscritte alla sola zona est (Grotta Solfurea). |
Queste osservazioni testimoniano una diminuzione dell’ attività carsica sorfurea che viene sostituita progressivamente con un carsismo convezionale molto localizzato.Data la notevole diminuzione dell’attività solfurea, il fenomeno di nuovi sprofondamenti e crolli dovrebbe essere scongiurato.
Condotte forzate prettamente sub-verticali
Il pavimento delle paleosale è interessato per il 90% da condotte forzate verticali di forma e dimensioni svariatissime (sala C imponente pozzo con livello di base). Questo fatto testimonia che l’acqua sulfurea risaliva dal profondo per mezzo di condotte forzate verticali e fratture che la immettevano nelle sale ove circolava sottoposta alla sola pressione atmosferica.
Condotte orizzontali.
Queste rappresentano una circolazione d’acqua solfurea sottoposta alla sola pressione atmosferica ed hanno una pendenza media del 3 %. L’acqua solfurea tracima dalle varie sale e tramite queste gallerie sub-orizzontali si raccorda e si immette nella idrologia esterna.
Particolarita’ della Grotta Grande del Vento. I depositi di gesso meritano una attenzione particolare sia per la originalità della giacitura dei depositi e sia per l’abbondanza e la frequenza con cui li troviamo oltre che per il rapporto che lega questo deposito salino con le pareti calcaree della grotta. Nella stragrande maggioranza questo gesso si presenta con struttura saccaroide a grana grossa con colore particolarmente bianco, può essere più o meno compatto ma sempre facilmente scalfibile con qualsiasi attrezzo contundente. Questo sedimento gessifero secondario, data la diretta deposizione della soluzione elettrolitica di solfato di calcio, è ricoperto nella parte superficiale, nella stragrande maggioranza dei casi, da geminati di gesso microcristallini che tendono a divenire trasparenti quando le dimensioni passano a macrocristalline. |

E’ stato riscontrato nella maggioranza dei depositi nella parte bassa, un passaggio netto tra gesso macrocristallino con geminazione parallela di color grigio con intrusioni di fango più o meno abbondanti, le dimensioni di questi cristalli variano da 4/30 centimetri. Questo fatto potrebbe essere spiegato come una ricristallizzazione del sedimento gessifero dovuto al parziale ritorno di acqua mineralizzata sul gesso microcristallino bianco. |
Questo fenomeno non è riscontrato nei sedimenti dei piani superiori a quota del livello di base di +70 metri ove il gesso come detto è del tutto saccaroide bianco.Rispetto alla giacitura cioè come e dove troviamo gesso possiamo dire che questo pur essendo distribuito abbondantemente su tutta la grotta ha però dei punti preferenziali e caratteristici in cui è riscontrabile.
Lo troviamo nelle pareti alla base dell’ Abisso Ancona e nelle sale laterali all’abisso stesso, qui non essendoci stati franamenti si è conservato in tutta la sua grandiosità infatti raggiunge lo spessore massimo di tutto il complesso carsico con una parete di 10 metri costituita da cristalli di CaSO4 microcristallino bianco che alla base diviene, con un passaggio netto, macrocristallino con uno spessore di due metri. |
I depositi di gesso si possono riscontrare anche nella Sala dei Duecento;qui però solamente nel piano superiore per una superficie di mq.400.
Altra sala in cui è ben conservato il deposito di gesso è la Sala “C”; il deposito viene riscontrato sia al tetto che alla base della sala , nella parte superiore il deposito è saccaroide e bianco mentre nella parte inferiore questo diviene da microcristallino e bianco a macrocristallino grigio con un passaggio netto.
I depositi di gesso vengono riscontrati anche in altre località del complesso carsico ma questi nominati sono maggiormente indicativi per le nostre ipotesi.Rispetto ai rapporti che intercorrono tra i sedimenti di gesso e le pareti di calcaree della grotta, fin dalla prima esplorazione si è notato che la roccia è compenetrata, erosa, modellata dal deposito di gesso;è classico il fatto che sollevando qualsiasi blocco di gesso che giaccia ancora ad intimo contatto con il calcare, si può osservare che il sedimento gessifero ha il calco perfetto delle fosse, rientranze, buche che ci sono sul calcare sottostante. Questa particolarità indicava qualche cosa di anomalo rispetto al carsismo convenzionale che meritava di essere considerato per la sua particolarità e vastità. |

Altra caratteristica particolare fu il fatto di avere riscontrato stalagmiti giganti (5-10 metri) completamente erose e bucherellate che nei fori avevano blocchi e piastre di gesso saccaroide bianco che coincidevano perfettamente come calco sulle superfici erose delle stalagmiti. |
Queste osservazioni altamente indicative insieme alle notizie sulle faglie ed alla presenza di acqua solfurea indirizzarono a considerare la formazione di questa grotta come un fenomeno “sui generis” e geologicamente unico.
Dott.Giuseppe Gambelli
COME SI FORMANO LE GROTTE CALCAREE





