GROTTE E ARCHEOLOGIA
Autore: Dott.ssa Gaia Pignocchi
La Gola di Frasassi o del Sentino e la contigua Gola della Rossa sono note per le loro numerose cavità carsiche costantemente esplorate da gruppi di speleologi e geologi a partire dal dopoguerra, ma ugualmente importanti sono state le ricerche di carattere archeologico iniziate già alla fine del 1800.
Grazie agli scavi condotti in alcune di queste cavità dai più importanti archeologi di fama nazionale e alle successive segnalazioni da parte di speleologi e geologi di giacimenti ancora inesplorati o di rinvenimenti occasionali di straordinaria rilevanza archeologica, è ora possibile delineare un quadro ricco e dettagliato della frequentazione umana delle grotte dal Paleolitico alla conquista longobarda, utilizzate non solo come semplici ripari ma anche come luoghi di culto o funerari (Pignocchi 2015).
- Storia delle ricerche
L’esplorazione delle grotte naturali è stato uno dei primi campi di ricerca per gli studiosi ed appassionati di “cose antiche” ed è andato di pari passo con la nascita e la storia dell’archeologia preistorica in Italia (Paletnologia) (Pignocchi 2006).
Fin dall’inizio ha visto la collaborazione di soggetti di formazione ed interessi diversi, tra cui naturalisti e geologi, ai quali si affiancano i primi archeologi preistorici (allora assai rari) e soprattutto studiosi e dilettanti locali, con un intento ancora molto semplicistico di interdisciplinarietà attraverso la collaborazione tra diversi soggetti (Pignocchi 2015).
Risale al 1872 la prima esplorazione all’interno della GROTTA DELLA BEATA VERGINE DI FRASASSI, coadiuvata da LUIGI PIGORINI (Pigorini 1895), il primo grande paletnologo italiano, in compagnia del monsignore Aurelio Zonghi di Fabriano, poi vescovo di San Severino Marche e di Jesi, del cav. De Bosis e del dott. Luigi Paolucci, importanti naturalisti anconetani, “un’eletta comitiva”, come si definirono. Essi accertarono la presenza, all’imbocco della cavità, di numerosi materiali archeologici attribuibili ad epoche diverse, dall’età del bronzo all’età romana e altomedievale.
A questo primo sopralluogo seguirono nel 1879 i primi scavi regolari “nella caverna detta di Frasassi”, dal geologo e paleontologo GIUSEPPE SCARABELLI (Scarabelli 1880), che operava soprattutto nell’area terramaricola, il primo in Italia ad applicare il metodo di indagine stratigrafica proprio in una grotta, la Grotta del Re Tiberio nel Parco della Vena del Gesso romagnola, e promotore nel 1883 del 3° Raduno Geologico e Speleologico a Fabriano.
Le ricerche archeologiche nella Grotta della Beata Vergine di Frasassi proseguirono ad opera di INNOCENZO DALL’OSSO, dirigente della Soprintendenza di Marche e Abruzzi dal 1908 al 1920 (scavi 1909 e 1912) e di UGO RELLINI, dal 1928 successore di Luigi Pigorini alla cattedra di Paletnologia all’Università “La Sapienza” di Roma (scavi 1903 e 1910) (Rellini 1912; Rellini 1932).
In quegli anni furono individuati altri importanti stanziamenti in grotta frequentati dai cacciatori del Paleolitico superiore (GROTTA DEL VERNINO nella Gola della Rossa e GROTTA DEL PRETE nella Gola di Frasassi) (Rellini 1930).
L’esplorazione archeologica delle grotte della Gola di Frasassi (anche Gola del Sentino) conobbe una vera rinascita agli inizi degli anni ’50 del 1900, grazie alla lungimiranza di GIOVANNI ANNIBALDI, chiamato ad assumere la dirigenza della Soprintendenza alle Antichità delle Marche nell’immediato dopoguerra.
Proprio a seguito delle numerose segnalazioni del GRUPPO SPELEOLOGICO MARCHIGIANO, a partire dal 1951 furono riprese scavi sistematici in alcune grotte della Gola del Sentino (GROTTA DEL MEZZOGIORNO, GROTTA DEI BAFFONI, GROTTONE, GROTTA LEONARDO, GROTTA DEL CARBONE, RIPARO DI FRASASSI).
Per garantire la correttezza e la scientificità delle ricerche si avvalse della collaborazione di due illustri archeologi preistorici, ANTONIO MARIO RADMILLI e SALVATORE MARIA PUGLISI che realizzarono lo scavo simultaneo di due giacimenti (la Grotta dei Baffoni e la Grotta del Mezzogiorno) così da avere un confronto reciproco e immediato delle sequenze stratigrafiche (Puglisi 1956; Radmilli 1953 e 1956).
Tra questo gruppo di eccelsi studiosi si inserì nel 1952 una giovane archeologa, DELIA LOLLINI (Lollini 1956), dal 1955 funzionario della Soprintendenza Archeologica delle Marche che poi diresse dal 1979 al 1991, protagonista della rinascita degli studi preistorici e protostorici nelle Marche.
Dagli anni ’60 fino alla fine degli anni ’70, a seguito della stretta collaborazione tra la Soprintendenza Archeologica delle Marche e l’Istituto di Geologia dell’Università di Ferrara (G. BARTOLOMEI, A. BROGLIO, A. GUERRESCHI), furono avviate campagne di ricerca e di studio di alcuni giacimenti paleolitici, GROTTA DEL PRETE (scavi 1964 e 1966), GROTTA DELLA FERROVIA (scavi Broglio-Lollini 1966 e 1972) e da ultimo CAVA ROMITA (scavi Guerreschi 1979), che ancora rappresentano siti chiave per la comprensione della periodizzazione del Paleolitico superiore nelle Marche (Broglio e Lollini 1981).
In quegli anni si inserisce anche il contributo di MAURO COLTORTI, ora direttore del Dipartimento di Scienze della Terra di Siena, allora attivo nel Gruppo Speleologico di Jesi e con un particolare interesse verso le industrie paleolitiche, il quale abbinò all’esplorazione speleologica la segnalazione di alcuni rinvenimenti occasionali di materiali e resti ossei nella GROTTA SULFUREA (Coltorti 1981), nella GROTTA DEL FIUME (Coltorti e Sala 1978) e in altre cavità (Bocchini 1990).
Di grande interesse inoltre il rinvenimento, alla fine degli anni ’80 ad opera del GSM di Ancona e di Fabriano, in un ramo della GROTTA DEL FIUME, di un cranio di stambecco deposto su una bassa stalagmite insieme a manufatti in selce e a resti di carboni, le cui datazioni al C14 hanno rivelato un’età di 13.500 anni BP.
Il campione, prelevato da SANDRO MARIANI (Gruppo Speleologico di Fabriano) nel 2002, è stato fatto datare al Laboratorio AMS Van de Graff dell’Università di Utrecht da ALESSANDRO MONTANARI (Osservatorio Geologico di Coldigioco), socio del GSM dal 1968 (Mariani et al. 2007).
Nel 1997 furono condotti scavi nella GROTTA DELLA ROSSA (Serra San Quirico) da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, con la direzione di MARA SILVESTRINI, a seguito della segnalazione del rinvenimento di resti di un cranio umano e altri reperti ossei umani le cui datazioni (5225-4360 BC cal) lo collocano nell’Olocene antico pur presentando caratteristiche morfologiche più arcaiche (Coltorti et alii 2005; D’Amore et alii 2005).
Da ultimo si colloca lo straordinario rinvenimento della Venere paleolitica della GROTTA DELLA BEATA VERGINE DI FRASASSI (Coltorti et alii 2012), realizzata su un frammento di stalattite, alta poco più di 8 centimetri, con le braccia protese quasi in segno di preghiera o di offerta. Per stile e proporzioni rientra nella tipologia delle Veneri del Paleolitico superiore (Gravettiano circa 20.000 anni fa) collegate al culto della fertilità. Potevano rappresentare idoli o amuleti espressamente fabbricati per favorire o proteggere la riproduzione femminile ed utilizzati in occasione di cerimonie e rituali magico-religiosi.
Attualmente sono in corso di studio da parte della scrivente i materiali provenienti dalle ricerche effettuate nelle principali grotte frequentate soprattutto nell’età del bronzo, a partire dalla Grotta della Beata Vergine di Frasassi.
I materiali, di proprietà della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, sono esposti al Museo Archeologico Nazionale delle Marche e al Museo Speleo Paleontologico e Archeologico a San Vittore di Genga (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche).
Un inquadramento storico e culturale della Gola di Frasassi dal Paleolitico all’età del Bronzo è fornito anche dal nuovo allestimento espositivo del Museo Arte, Storia e Territorio di Genga.
(Gaia Pignocchi)
Bibliografia
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