Autore: Giancarlo Cappanera, speleologo del G.S.M C.A.I Ancona.
Prefazione:
Non è facile scrivere e documentare, dopo oltre 75 anni, la storia del Gruppo Speleologico Marchigiano (G.S.M) ma il senso di riconoscenza per i valori e le emozioni che molti speleologi hanno condiviso iscrivendosi a questa associazione, inducono a non fare disperdere la memoria di quello che ha generato questa grande passione nel corso di tre generazioni di giovani marchigiani, non solo di Ancona.
Molte delle notizie storiche che si riportano sono ottenute di prima mano, nel tempo, intervistando direttamente alcuni protagonisti principali, in particolare Carlo Pegorari, ma anche Mario Marchetti e Pietro Pazzaglia.
Brevi cenni storici sulla Speleologia nelle Marche fino a metà del 900′.
Come noto, la vera speleologia moderna nacque nell’Ottocento con il diffondersi della cultura geologica in seguito alle nuove necessità di conoscenza di un territorio che iniziava ad essere profondamente trasformato dalle attività umane.
Giambattista Miliani (1856-1937), fabrianese, alpinista e speleologo fu il primo ad effettuare spedizioni scientifiche alla Grotta della Beata Vergine di Frasassi. Soltanto la scarsa visibilità mediatica e la posizione marginale dell’Appennino umbro marchigiano in cui la speleologia si organizzava tra il XIX e XX secolo, hanno lasciato nell’ombra l’opera di Miliani quale precursore e padre dell’attività speleologica in Italia.
Tra le due guerre mondiali, dopo la nascita, nel 1932, della sezione C.A.I. di Ancona, si formò il “Gruppo Speleologico Anconitano C.A.I.“, da annoverarsi come il primo tentativo di attività speleologica organizzata nella regione. Risulta dagli atti ufficiali che, nel 1933, il Cav. Duilio Paoloni, del sodalizio anconetano, presentò una relazione al 1° Congresso Speleologico Nazionale di Trieste. Probabilmente, l’avvento della guerra impedì il consolidamento della struttura organizzativa e l’espansione delle attività, tanto che, terminato il conflitto mondiale, non risulta che la sede C.A.I. di Ancona riprese una qualche sorta di attività speleologica.
Il 1948, anno di fondazione del Gruppo Speleologico Marchigiano
Solo nel Gennaio del 1948 per iniziativa del geologo Prof. Villa e dello zoologo Prof. Moretti dell’Università di Camerino e di Carlo Pegorari e Mario Marchetti si costituì ad Ancona il Gruppo Speleologico Marchigiano. Il recapito del G. S. M fu fissato presso l’Ente Provinciale del Turismo in via Vecchini e ciò ci fa capire quanto si diedero da fare i promotori per coinvolgere nell’iniziativa, in un periodo difficilissimo, le autorità amministrative di allora.
Scopo di tutti era quello di fondare un’associazione che riunisse sotto l’egida dell’interesse e della passione per le grotte tutti gli amanti marchigiani del carsismo e della speleologia onde conoscere e valorizzare tante parti del territorio ancora poco note.
I soci fondatori furono 13:
Dott. Mario Marchetti | Dott. Carlo Pegorari | Prof. Giampaolo Moretti |
Prof. Giovanni Villa | Ing. Paolo Beer | Prof. ssa Maria Griffa |
Prof. Aldo Gusso | Ing. Carlo Catena | Sig. Aitelli Aldo |
Prof. Papadontonakis Sellio | Dott. Ulisse Carlo, Direttore dell’Ente Provinciale del Turismo di Ancona | Gino Nardi (giornalista)
Avv. Arnaldo Ciani |
Furono eletti Presidente, Giampaolo Moretti e Segretario Carlo Pegorari.
Tale era l’entusiasmo e la convinzione che da subito si decise la formazione di un Comitato Tecnico nell’ambito del quale si distribuirono i seguenti incarichi di coordinamento:
Geologia | Prof. Villa |
Mineralogia | Ing. Catena |
Zoologia | Dott. Marchetti |
Turismo | Dott. Ulisse |
Collegamento con il C. A. I | Prof. Gusso della Sezione C. A. I di Ancona |
Responsabile stampa | Gino Nardi |
Fu stabilita una quota di iscrizione annuale di lire 300.
Alcuni Soci fondatori
Le prime informative pubbliche
Prime adesioni regionali all’Associazione G.S.M
La nascita del G. S. M fu accolta con entusiasmo da molti appassionati tanto che alla fine del 1948 già si potevano annoverare n. 43 soci residenti non solo ad Ancona ma anche a Fabriano, Jesi, Osimo, Piobbico, Urbino, Macerata, Camerino, Porto Civitanova, Genga.
Il bilancio economico del primo anno di attività fu sorprendente:
entrate Lire 21.440;
uscite Lire 14.932;
cassa Lire 6.508.
Le prime esplorazioni e le prime scoperte
Le attività di esplorazione iniziarono subito principalmente con la visita alle località carsiche più conosciute, la zona di Genga e della Gola della Rossa ed il Monte Cucco. L’entusiasmo notoriamente fa nascere speranze e sogni che sono i carburanti senza i quali, con il tempo, tutto diventa più difficile; anche i primi soci del G. S. M speravano di emulare le lontane imprese degli speleologi di Francia (dove si è sviluppata la Speleologia moderna) o di raggiungere almeno i ragguardevoli risultati ottenuti, con sensazionali esplorazioni, dai fortunati colleghi di Trieste e Roma. Serviva però una scoperta che catalizzasse l’interesse di tutti per dare un forte slancio alle attività. Coraggio e fortuna, come sempre, svolsero la loro parte. |
LA FONDAMENTALE SCOPERTA DELLA “GROTTA del FIUME” a FRASASSI
Fu proprio in una delle prime esplorazioni del territorio di Frasassi che il 28/6/1948 il Dott. Mario Marchetti scoprì la Grotta del Fiume.
Ecco come, all’intero della “Guida generale delle Marche” (1950, Ed. Smegar, stampato dalla tipografia Venturini, Ancona – pp73-80), nella sezione intitolata ‘ La zona speleologica di San Vittore di Frasassi ‘ parla di questa scoperta:
“La Grotta del Fiume, cavità di cui si ignorava l’esistenza pur trovandosi in una località facilmente accessibile, fu da me incidentalmente scoperta allorchè avevo attraversato su di un battello pneumatico in compagnia dell’Ing. Paolo Beer il fiume Sentino per visitare una grotticella che si apre quasi sul pelo delle acque, sulla riva sinistra del fiume, pochi metri prima che la Gola di Frasassi abbia termine. Fu appunto sulla via del ritorno che mi accadde di notare come a metà circa della rapida ed alta scarpata antistante, che dalla carrozzabile S. Vittore di Genga cala a picco sul Sentino, alcuni arbusti mossi dal vento lasciavano intravvedere due oscure aperture contigue. Subito richiamai l’attenzione di un terzo compagno, il Dott. Carlo Pegorari, che ci appoggiava dalla strada. Questi, aiutandosi con una fune, si calò lungo la scarpata scomparendo letteralmente tra i cespugli. Poco dopo vedemmo sbucare la sua mano tra le foglie e udimmo le sue grida. “E’ vero, c’è una fessura, sembra che continui, venite presto!”. Di li a poco lo raggiungemmo affannati ed emozionati ed iniziata l’esplorazione della grotta avemmo conferma dell’esistenza di una grande cavità non visitata da alcuno. In successive spedizioni, constatammo che la cavità si estendeva per 1050 metri e si presentava affascinante, oltre per le sue bellezze, anche dal punto di vista scientifico. Infatti, già dalle prime visite notammo con meraviglia la presenza su ampie zone delle pareti della cavità di singolari e rarissimi depositi di sali di ferro che per la loro disposizione richiamano l’ idea di una pelle di leopardo. Interessante fu anche il rinvenimento di un curioso animale anfibio, lo”spelerpes fuscus” la cui pelle gli permette di mimetizzarsi perfettamente con l’ambiente”. La felice scoperta diede ancora più impulso alle attività del Gruppo tanto da favorire un ulteriore sensibile salto di qualità organizzativa e tecnica. Nel corso del 1948 il G. S. M fece 14 uscite per visitare molte grotte tra le quali: |
Grotta dell’Infinito, Grotta Bella del Fiume, Grotta di Frasassi, Grotta del Vernino, Buco del Falco, Buco del Trave, Grotta del Monte Cucco, la Grotta Verde, la Grotta dell’Inferno in località S. Cristoforo. Fu scoperta oltre alla Grotta del Fiume anche la Buca dello Spicchio.Per discendere per la seconda volta la grotta ” Buco del Diavolo” (già in parte esplorata nel 1929 dal Circolo Speleologico Romano) furono costruite le prime scalette in corda di proprietà sociale che favorirono un’esplorazione prolungata di oltre 10 ore continuative. |
Durante il primo anno discesero in grotta circa 100 elementi di Ancona, Genga, Fabriano, Jesi, Porto Civitanova, Camerino, con la bella media di 6, 6 speleologi a uscita e per un totale trascorso in ambiente ipogeo di 120 ore.
Già da allora si parlò di apertura turistica della Grotta del Fiume.
Considerati i tempi e le difficoltà di spostamento, ancora oggi, questa iniziale intensità di escursioni ha dell’incredibile.
Alla fine del 1948 il materiale a disposizione del Gruppo, curato dal Sig. Spadavecchia, era questo:
-1 rotolo di scala da 20 metri in acciaio; -1 rotolo di scala in corda da 40 metri; -150 metri complessivi di corda; -150 metri di cordini; -1 canotto di gomma. |
Nell’ottobre del 48′ il Dott. Marchetti partecipò come nostro rappresentante al “1° Congresso Speleologico Nazionale” di Asiago al quale intervennero il Prof. Michele Gortani di Bologna, il Prof. Guareschi di Modena ed il Prof. Segre di Roma allora tra i massimi esperti di geologia carsica.
1949 Presidente il Prof. Moretti. Il 1° febbraio del 1949 si pubblicò il primo numero della “Rivista Speleologica Marchigiana” bollettino del G. S. M. Soci iscritti n. 61; furono fatti soci onorari i due padri della speleologia italiana, il Senatore Michele Gortani ed il Prof. Franco Anelli primo esploratore delle Grotte di Castellana. Il barone Franchetti di Jesi speleologo del Circolo Speleologico Romano si iscrisse al G. S. M donando 30 metri di scala flessibile in acciaio: una manna dal cielo per quei tempi! La segreteria del gruppo si trasferì in via Marsala 12 Ancona. Mario Marchetti scoprì la cavità “Il Grottone”. |
Nell’agosto del 1949 Marchetti, Pegorari, Villa e Giuseppetti parteciparono, anche con delle relazioni, al “2° Congresso Nazionale di Speleologia” di Chieti. Per tutti gli speleologi marchigiani fu un grande momento perchè il Congresso si chiuse con un’appendice nelle Marche. Gli ultimi due giorni furono dedicati alla visita delle grotte scoperte nell’area di Frasassi ed in particolare alla Grotta del Fiume.
Partecipò alle escurzioni il gotha della speleologia mondiale, tra i quali Norbet Casteret, il Prof. De Joly Presidente della Società Speleologica di Francia, il Prof. Anelli, lo scienziato e geografo Prof. Nangeroni, il Prof. Conci poi Direttore del Museo di Storia Naturale di Milano. Intervennero rappresentanti dei gruppi speleologici di Roma, Asiago, Trento, Verona, Trieste, Pisa, Milano. Partecipò ufficialmente ai lavori l’Istituto Geografico Militare. La fama acquisita durante questa manifestazione fece entrare il Gruppo Speleologico Marchigiano nella ristretta cerchia dei gruppi italiani più prestigiosi.
Alcuni cenni sull’attività sociale fino alla fine degli anni 60′
1950
Nuovo presidente del G. S. M il Prof. Villa.
Numero dei soci: 67.
Viene scoperta la Grotta del Buco Cattivo su segnalazione di persone del luogo; nei mesi invernali infatti, un vapore biancastro che la fantasia popolare definiva “infernale”, si alzava da un punto della montagna che i nostri speleologi intuirono essere provocato da una corrente d’aria che si condensava all’uscita da una grotta.
Pianta della Grotta “BUCO CATTIVO”
Fu esplorato il sistema cavernicolo di “Ripe di Civitella”; in quella occasione si scoprì lo scheletro di un ottuagenario morto suicida.
Furono visitate le grotte della Gola di S. Eustachio, in provincia di Macerata, la risorgenza di Gagliole e continuarono le ricerche di nuovi sviluppi nella Grotta del Mezzogiorno.
15 ottobre partecipazione al “Congresso Speleologico Nazionale” di Bari.
04-05 novembre 1950, fu scoperta a mezza costa del Monte Nerone la “Grotta degli Arditi” più nota come “Grotta delle Tassare“, una cavità fonte di grandi, future soddisfazioni speleologiche.
Il 1950 ed il grande risultato della “Grotta delle Tassare“ Soci iscritti: n. 81.
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La terza e decisiva esplorazione delle “Tassare” effettuata il 4 agosto diede al nostro Gruppo la soddisfazione che mancava, quella di raggiungere il fondo di una grotta profonda ed inesplorata; con -505 metri fu considerata erroneamente, per un certo periodo, la cavità più profonda d’Italia. In seguito questa misura si rivelò inesatta, la reale risultò di -343 metri e quindi venne successivamente correttamente classificata come l’ottava di allora.
Il 30 ottobre 1951, Mario Marchetti partecipò al “5° Congresso Speleologico Nazionale” di Salerno con una relazione agli atti sul tema: “L’attività del Gruppo Speleologico Marchigiano“.
1952 Soci iscritti: 70. Sanzio Blasi visitò in località Massignano, la “Grotta della Paura” scoperta da un cacciatore nel 1872 ed esplorata per la prima volta nel 1874.Esplorazione della Grotta Termale di Acquasanta. Furono fatte ricerche e sopralluoghi anche realativamente alla grotta marina degli “Schiavi” sita nel punto più bello della riviera del Cònero, in prossimità degli scogli delle “Due Sorelle”e che fu ostruita da un terremoto nel 1930. . |
Nel settembre di questo anno il G. S. M scoprì la “Grotta delle Caprelle”, una cavità di notevolissimo interesse.
1953
Il 12 settembre 1953 il Gruppo Speleologico Marchigiano si costituisce legalmente.
Nuovo presidente del G. S. M fu eletto Luigi Zoppi che terrà la carica fino al 1958.
Il 12 maggio del 53′ lo spelologo Castignani salvò la vita a Bolletta di Jesi togliendolo da una difficilissima situazione di grotta; questo atto di coraggio e di fraterna solidarietà fu reso noto in tutta la nazione con un articolo apparso nell’allora famosissimo settimanale “La Domenica del Corriere”. Paolo Beer si distinse in una serie di sette escursioni alla ricerca di sviluppi nella “Grotta dell’Infinito” ed in queste campagna, il 17 agosto 1953, fu fatta la prima immersione speleosub. |
1954
Vice Presidente Mario Marchetti.
Il 21 gennaio del 1954 il G. S. M partecipò alla “Mostra internazionale di fotografia speleologica” di Washington e divenne Socio affiliato della “Nuova Società Speleologica Americana”. Mario Marchetti visitò la “Mammuth cave”.
Il Gruppo, nello stesso anno, è presente con una delegazione al “Congresso Internazionale di Speleologia” di Parigi. L’attività scientifica ebbe un nuovo impulso con un accordo di collaborazione geo-speleologica intercorso con la “Società Adriatica di Scienze Naturali” di Trieste.
Fu riaperta e visitata la “Grotta del Monastero”, una cavità sita in prossimità di una chiesetta romanica del 1200 dove sembra che si rifugiassero, nel tempo, persone per sfuggire a varie persecuzioni.
1955
Nello stesso anno,al secondo tentativo, dopo avere superato il laghetto “traditore” della Grotta del Fiume, attraverso l’entrata scoperta da Beppe Fiorini (battezzata da allora “Entrata Fiorini”) il G.S.M scoprì tre cunicoli tra i quali uno con una prosecuzione di circa 200 metri che portava verso la grotta del Buco Cattivo.
Per migliorare le tecniche di scalata, a scopo di addestramento, fu attrezzata una parete in uno sperone di roccia della Gola della Rossa; curiosamente il destino volle che, proprio in quel punto esatto poco dopo sarebbe sbucata una delle gallerie dell’attuale strada a scorrimento veloce. Un’altra importante scoperta, sempre nella zona di Monte Nerone, fatta nel giugno 1955 nei pressi di Serravalle di Corda, fu la “Buca Grande”, una voragine di circa 40 metri sul cui fondo fu trovato uno strato di nevaio perenne di antica formazione.
Esplorazione della “Buca del Diavolo” a Colfiorito.
1956.
Come risulta dalla Rassegna Speleologica Italiana (Atti mem.III:140-141), il G.S.M. presentò al “7° Congresso Nazionale di Speleologia” di Como, nel 1956, una relazione sulle “Caverne naturali elencate nel catasto del G.S.M.”.
1956 – 1959
Esplorazione della “Grotta Verde”. Gli speleologi del G.S.M. allargando il campo geografico della loro attività, dopo una prima visita effettuata già nel 57′, decisero l’anno successivo di tentare di “sfondare” nella famosa “Grotta di Stiffe” che si trova nell’Abruzzo aquilano. Con tre ravvicinate spedizioni, Leonardo Rotini, Dario Berti ed altri, superato un sifone naturale che impediva il proseguimento oltre la “Sala dei Romani”, scoprirono nuovi enormi sviluppi inoltrandosi nel cuore dell’ipogeo; superata con tecniche alpinistiche la parete della prima cascata, raggiungero il ramo superiore e percorsero un ulteriore tratto fino ad arrivare alla seconda cascata. La spedizione si concluse superado anche la seconda parete fino ad arrivare all’imbocco di una galleria completamente allagata da dove proveniva l’acqua del torrente sotterraneo. Questo risultato, da annoverarsi tra i più significativi dal punto di vista esplorativo, fu ottenuto superando grandissime difficoltà tecniche, l’ultima risalita non fu una passeggiata e qualche polemica sorse con i colleghi romani che , dopo di noi, terminarono le esplorazioni superando cascate e passaggi molto impegnativi. |
1958 – 1967
Nel 1958 un giovane di nome Pietro Pazzaglia aveva chiesto di fare parte del G. S. M ma forse nessuno allora poteva immaginare che, con l’aiuto di Leonardo Rotini, sarebbe stato proprio lui a rilanciare gloriosamente le sorti nel nostro Gruppo Speleologico.
1958, partecipazione al Convegno di Speleologia di Asiago.
Il 18 giugno 1960 soci del G.S.M. esplorarono compiutamente, probabilmente per primi, le antiche grotte artificiali di Atri.
Nel frattempo ad Ancona, nei primi anni 60′ si formò autonomamente il Gruppo Speleologico Anconetano (G.S.A) fondato da Gioacchini Maurizio Maria Luigi, Claudio Lucarelli, Paolo Brunetti, Alberto Mengarelli, Maurizio Masini (primo Presidente) ai quali si aggregò Piero Mirabella (vedi in appendice l’interessante memoria di Gioacchini Maurizio). Questi forti speleologi furono poi invitati da Giuliano Santucci ad entrare nel G.S.M con grande utile soddisfazione di tutti.
Impegni di lavoro e di famiglia, con gli anni, per un processo ciclico statisticamente riscontrato in tutti i gruppi speleologici, causarono un rallentamento generazionale delle attività ma nuove leve, piano piano, iniziarono a dare corpo alla loro passione.
Durante questo periodo si distinse Piero Mirabella, storicamente uno dei più grandi speleologi del G.S.M., tanto bravo quanto sfortunato. Fu lui infatti che intuì presumibilmente per primo quale poteva essere il passaggio per entrare nel cuore di una delle grotte più profonde del mondo, la “Grotta del Monte Cucco”, e che, anzitempo, cercò convinto della sua esistenza il collegamento sopra il “Pozzo dei Cristalli” nella Grotta del Fiume. Un’ ulteriore prova che il processo di ricambio generazionale continuava positivamente fu quella dell’entrata nel gruppo di Giuseppe Gambelli, uno studente iscritto alla facoltà di Geologia che dimostrò subito di racchiudere in se, straordinariamente, il massimo che si possa richiedere a chi fa speleologia: entusiasmo, spirito di gruppo, coraggio, generosità, tecnica e competenza geologica. |
Nel giro di poco tempo, lo sparuto gruppo di speleologi rimasto in attività dopo il 1963, aumentò sensibilmente nel numero e nella qualità con la presenza di: Giuseppe Gambelli, Piero Mirabella, Maurizio Gioacchini, Lamberto Simoncini, Gianni Cieri, Maurizio Bolognini, Werter Zambianchi, Enzo Tarulli e qualche altro che, pari meritevole di lode, oggi è penalizzato dalla memoria di chi scrive.
Mai come allora la presenza del Presidente Pietro Pazzaglia fu determinante per il rilancio delle attività, maestro ed esempio in ogni senso, fu un punto di riferimento che non abbandonò mai i giovani entusiasti che si stavano di nuovo riunendo attorno a lui. Dal 1966 questi nuovi “bocia” accompagnati dai “veci”, ritornarono sistematicamente a visitare tutte le cavità che avevano segnato la storia del gruppo e dopo avere superato la prova della traversata della “Grotta del Mezzogiorno” (allora considerata tradizionalmente l’esame per eccellenza) si cimentarono in discese più ardite alle”Tassare ” e al ” Monte Cucco “. Tutti dimostrarono che il G.S.M. aveva superato la crisi più profonda della sua storia. |
1968 – 1970
[Nota dell’autore Giancarlo Cappanera: avendo avuto la fortuna ed il privilegio di viverli, a questo punto sono costretto a continuare il racconto storico degli avvenimenti seguenti in prima persona]
Fin da ragazzo sono stato attratto dalle storie di grotte misteriose e dai suoi tesori (naturali e non) ivi celati. Proprio alla fine degli anni sessata, dopo alcune fantozziane escursioni fatte “spingendo” in grotta i miei amici più cari (Fabio Sturba, Sauro Barigelletti, Nevio Bratti e Sergio Veroli), cercavo disperatamente di conoscere qualcuno che mi insegnasse a scendere sotto terra in maniera più sicura e professionale. Nel 1968, per puro caso, incontrammo a Frasassi il Presidente del Gruppo Speleologico Marchigiano di Ancona, Pietro Pazzaglia, uno speleologo “vero” che diventerà una figura fondamentale per la nostra storia il quale ci invitò per il venerdi seguente a partecipare ad una riunione nella Sede dell’Associazione sita in un buio scantinato di via Corridoni 7 ad Ancona. A questo incontro riuscii a “trascinarmi” dietro solo Fabio Sturba, diventato mio amico della vita già solo cinque minuti dopo la sua nascita. Ci accolse Pietro Pazzaglia che ci presentò il padrone di casa Enzo Tarulli e Leonardo Rotini, Piero Mirabella, Giuseppe Gambelli, Gianni Cieri, Maurizio Bolognini e Werter Zambianchi.
Con lo stesso entusiasmo con il quale fummo accolti, ci dichiarammo disposti ad entrare a far parte del loro Gruppo. |
Fu così che con il loro prezioso insegnamento, io e Fabio Sturba, divenimmo speleologi ed entrammo a far parte a tutti gli effetti del Gruppo Speleologico Marchigiano.
Con una quindicina di elementi entusiasti, l’attività speleologica si fece intensa e la voglia di scoprire “qualcosa” divenne frenesia. Lo spirito di gruppo era tale che ci portò a focalizzare un elemento di sviluppo indispensabile: dovevamo inserirci nel contesto cittadino in una forma e con una presenza più idonea per fare proseliti onde aumentare i componenti dato che solo con un gruppo numeroso si potevano affrontare le grandi spedizioni che sognavamo di fare.
Pazzaglia e Rotini individuarono la soluzione del problema nella fusione (precedentemente sperimentata positivamente da altri gruppi di speleologi) con il Club Alpino Italiano . Ottenuta la generosa disponibilità dell’allora Presidente del C. A. I, il benemerito Dott. Orlando Orlandi, confluimmo nel 1970 nella Sezione di Ancona con sede in via Veneto n. 10 che, raffrontata alla nostra, allora ci sembrò una vera reggia.
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Nello stesso anno il G. S. M come gruppo entrò a fare parte della prestigiosa Società Speleologica Italiana e molti di noi (me compreso) ne divennero soci anche a livello personale. |
Quella maledetta spedizione alle “Tassare”.
Nell’estate del ’70 il G. S. M. decise di ritornare alla storica Grotta delle Tassare. Pazzaglia, che conosceva la grotta più di tutti, all’ultimo momento dovette rinunciare a guidare la spedizione, pertanto assunse questo incarico Leonardo Rotini.
Con il Vice Presidente (alla guda di un mitico pulmino) partirono Maurizio Bolognini, Rolando Ruffini, Giuseppe Gambelli Gianni Cieri, ed i ” nuovi per le Tassare” Sergio Sabbatini, Fabio Sturba e Giancarlo Cappanera. Sento il dovere di citare tutti i componenti perchè solo la loro abnegazione ed il loro coraggio ci salvò dall’onta di un fallimento storico. Andò tutto storto. Distratti e, forse, un pò involontariamente intralciati dalla presenza del Gruppo Speleologico di Faenza, improvvisammo una discesa senza la giusta pianificazione e con poche cognizioni dell’ambiente. Ricordo la stoica resistenza al freddo di Gianni e Rolando, l’azione di tamponamento di Leo, Maurizio e Sergio, gli scivoloni nell’acqua.
La squadra di punta, formata da Giuseppe, Giancarlo e da un fortissimo Fabio, ad un certo punto si trovò in enormi difficoltà quando quest’ultimo scivolò nell’acqua ghiacciata del laghetto dopo che quasi la stessa sorte era toccata, poco prima, allo stesso Giuseppe. Come tutti sanno, rimanere bagnati in grotta può essere veramente pericoloso. Per evitare un evento così drammatico sarebbe bastato un canotto che, però, avevamo lasciato ad Ancona.
Rassicuratici delle condizioni di Fabio, eravamo ormai impossibilitati a raggiungere il nostro obiettivo, il fondo della grotta. In più, rischiavamo di dover lasciare la grotta “armata”, il che, per uno speleologo, rappresenta uno enorme smacco. Per questo, Giuseppe Gambelli, da solo, tutto zuppo ed in costume da bagno, arrivò sul ciglio del pozzo finale da 60 metri con lo scopo di recuperare le nostre scale che i colleghi di Faenza, in un atto di interessata cortesia, si erano offerti di calare. Egli però dovette discendere quasi a metà pozzo (senza sicura !!) perchè le scale erano state lasciate con gli ultimi trenta metri arrotolati nella zona mediana del salto. La sua azione contribuì a limitare in termini accettabili la debacle salvando il prezioso materiale, praticamente il migliore che avevamo a disposizione. Che coraggio, ragazzi ! Uno splendido e incosciente leone, un atto eroico che ci permise di non perdere la faccia!! Quando Giuseppe e Fabio riuscirono a riattraversare con le scale il lago sulla sponda dove, per comune decisione, io ero rimasto in appoggio, iniziammo una risalita difficilissima. A scaglioni, tutti gli altri, provati per il grande lavoro svolto, dovettero riguadagnare urgentemente l’uscita. Fabio, in gravissimo pericolo perchè ormai intirizzito, battè ogni record di risalita. |
Restammo io e Giuseppe e da soli disarmammo la grotta; dopo quasi tre ore di fatica, recuperammo e portammo in salvo all’esterno 150 preziosissimi metri di scalette metalliche.
Questo è il racconto delle nostre “40 ore alle Tassare” che finirono si ingloriosamente ma che ci fecero maturare come speleologi più di ogni altra spedizione seguente perchè la brutta ma istruttiva esperienza ci permise, in seguito, di evitare errori tecnici di approccio e sottovalutazioni dei rischi.
La Grotta della Speranza.
” La Speranza vede l’invisibile, tocca l’intangibile e raggiunge l’impossibile”
Fu proprio nel 1970 che dietro le benedette insistenze di Maurizio Bolognini decidemmo di intraprendere uno scavo in un anfratto di roccia che si apriva, in una cengia tra la Grotta dell’Infinito e quella del Buco Cattivo.
La pazzia degli speleologi è tale che a volte si programmano attività e si perseguono progetti che il buon senso comune giudica impossibili. Ma…. i sogni talvolta si tramutano in realtà o spesso si realizzano, magari come accadde a noi, in forme diverse. Stappare da una colossale frana il camino che individuammo in quel punto fu un’impresa per noi “faraonica”; per oltre un anno in decine di uscite che prevedevano quasi sempre il pernottamento all’agghiaccio (anche in inverno con i sacchi a pelo) ci alternammo con testardaggine, incuranti del pericolo, nello scavare praticamente a mano, prima in orizzontale, poi, udite udite, verticalmente il coriacero materiale di riporto che una paleo frana aveva lì accumulato. |
Può dare un’idea ancora più immediata della nostra determinazione il fatto che organizzammo almeno due spedizioni anche per trasportare abbondanti viveri (prevalentemente scatolette) che accantonammo al riparo della pioggia in una fossa scavata nel piano di calpestio della cengia, proprio dove dormivamo la notte.
Maurizio e suo fratello Mauro furono tra i più cocciuti e splendidi fautori di questa impresa.
In una di queste “scavate” che feci solo con Giuseppe Gambelli, riuscimmo finalmente a “stappare” la prima parte del camino largo circa 150 centimetri; saliti in contrasto per qualche metro constatammo che era finita solo la prima fase del lavoro, la grotta in alto era ancora ostruita e decidemmo pertanto di uscire.
Nella discesa del camino fummo travolti da una frana, io rimasi rinchiuso dentro come in una bara, Giuseppe si salvò miracolosamente. A lui e solo a lui devo la mia vita perchè con generosa abnegazione, scavando a mani nude, riusci dopo molto tempo a farmi uscire sano e salvo anche con l’aiuto di Fabio Sturba arrivato poco dopo. Al lettore che ha avuto la forza di volontà di giungere fino a questo punto sorgera’ certamente spontanea una semplice domanda: perchè tanta enfasi data ad un avvenimento secondario oltretutto per una grotta che, ancora oggi , non ha riservato scoperte degne di nota? Battezzammo questa grotticella “Grotta della Speranza“; simbolicamente in lei avevamo concentrato tutti i nostri sogni, speravamo che potesse essere quella la strada per entrare nel cuore del complesso carsico di Frasassi riuscendo dove altri avevano fallito. Fu un atto di presunzione che non diede i frutti sperati ma la “Speranza” riuscì a compattare in maniera straordinaria il nostro gruppo e a prepararlo a vivere una fantastica avventura . |
L’ANNO 1971, IL PIU’ BELLO ED INDIMENTICABILE DELLA NOSTRA STORIA.
Riuscire a sintetizzare tutti gli accadimenti straordinari del 71′ è impresa impossibile sia oggettivamente che per la mia memoria; spero, con il tempo e l’aiuto degli amici, di potere ricostruire le vicende da noi vissute in una maniera più compiuta. Fantastico, fantastico per tutti gli amanti della speleologia, della natura , per tutti i miei amici del gruppo e per me.
Mi sia concessa anche la presunzione di poter dire che fu anche l’inizio del riscatto economico di un Comune bello ma povero come quello di Genga, di un determinante rilancio del turismo marchigiano, dell’acquisizione al patrimonio naturalistico italiano di una meraviglia che tutto il mondo ci invidia. Ma veniamo ai fatti. Il “1° Corso di introduzione alla speleologia”. Dopo l’entrata nel C. A. I, un numeroso gruppo di altri giovani chiese di venire in grotta con noi. Visto che non era più gestibile un addestramento “on the job” mi proposi, in primavera, come organizzatore ed istruttore di un “Corso di introduzione alla speleologia”, svoltosi dal 23 maggio con l’assistenza dei miei compagni più qualificati: Giuseppe per la geologia, Maurizio per la topografia, Fabio per la fotografia. |
A questo Corso parteciparono giovani che dimostrarono eccezionali qualità, Claudio Santolini, Tino Cioffi, Roberto Ragaglia, Mario Pia, Stefano Fiori, Giorgio Lacopo, Mauro Bolognini, Francesco Ranzuglia, Vittorio Bizzarri , Alberto Copparoni, Fabio Bentivoglio e per un breve ma fondamentale periodo Rolando Silvestri.
La “1° Rassegna Speleologica ed Alpina”.
In passato mi sono ripromesso più volte di ricostruire i particolari degli avvenimenti successivi alla scoperta che portarono ad un amaro strascico di polemiche con gli amici del Gruppo Speleologico di Fabriano. In tale contesto oggi desidero però solo ricordare che alcuni di noi allora hanno vissuto sopratutto il doloroso distacco affettivo (fortunatamente poi ricomposto) di Pietro Giuseppetti di Fabriano, un bravissimo e stimato speleologo già componente della prima ora del G.S.M.
Oggi ritengo pertanto opportuno limitarmi a dire che alla base di tutto ci furono invidie, ripicche, presunzioni egemoniche reciproche ma, soprattutto, un forte spirito campanilistico che aveva già precedentemente penalizzato seriamente lo sviluppo della speleologia nelle Marche.
Anche se i colleghi di Jesi e Macerata si dimostrarono più “sportivi”, il tempo e l’amore per Frasassi riannodarono comunque i legami storici tra i due sodalizi, tanto che gli stessi furono tra i promotori della Federazione Speleologica Marchigiana che si riunì per la prima volta a Fabriano il 19 novembre del 1971.Ci volle tempo ma il cambio di “atmosfera” portò in seguito, nel 2001, alla congiunta scoperta da parte di validi componenti dei due gruppi, dell’ importantissimo sviluppo di “El Mexico” nel Complesso Fiume-Vento.
Questo fatto dimostra che molti giovani speleologi marchigiani in seguito hanno fatto tesoro di quella lezione. A loro, se vorranno, chiedo di continuare il mio racconto facendo il resoconto delle tante scoperte fatte successivamente nell’intento di conoscere tutti i segreti del complesso carsico di Frasassi. Certamente ci vorranno altre generazioni di speleologi per mettere fine a questa storia.Buon lavoro! Come naturale, l’attività del nostro gruppo speleologico non finì nel 1971, in seguito cercammo di utilizzare la notorietà acquisita per sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica sul valore sociale e scientifico della Speleologia. La “2° Rassegna Speleologica ed Alpina” Finite le ultime scosse del terremoto che colpì Ancona e le Marche nel gennaio 1972, provocando un rallentamento sensibile di tutte le nostre attività e, conclusa la prima fase delle esplorazioni del complesso carsico “Fiume – Vento“, ritenemmo doveroso organizzare un incontro per presentare i primi risultati scientifici ed ambientali riscontrati dallo studio della grotta.Dal 14 al 20 marzo 1973 si svolse la “II Rassegna Speleologica ed Alpina”, caratterizzata dall’appoggio di molte autorità che avevano già intuito l’importanza della scoperta sotto l’aspetto turistico. L’intera manifestazione si svolse infatti sotto il patrocinio dell’Ente Regione Marche, della Provincia di Ancona e del Comune di Genga. L’inaugurazione ufficiale avvenne con una manifestazione tenuta nell’Aula Consiliare della Provincia di Ancona. Intervennero il Presidente della Provincia Dr. Borioni ed il nostro amato Sindaco Prof. Alfredo Trifogli.
Il Dr. Gino Coppola, assistente di Geologia e Litologia all’ Università di Ancona, parlò sul tema: La prima giornata si concluse con una relazione di Giancarlo Cappanera sul tema: Gli interventi furono corredati dalla proiezione di diapositive sulla Grotta Grande del Vento e dai lungometraggi a colori “Lumen zero” e “L’orso delle caverne”. Nella seconda giornata, il 15 marzo, Mario Marchetti, con un emozionante discorso, celebrò il 25° anniversario della fondazione tracciando la storia del G. S. M. dal 1948 al 1973. La relazione scientifica ufficiale fu tenuta dal geologo Dr. Giuseppe Gambelli sul tema:
Considerazioni finali: Il mio racconto finisce qui, all’inizio del nuovo millennio. Da allora, l’attività del G.S.M. è continuata con tante altre scoperte e manifestazioni che spero si possano riassumere, almeno in questa forma, in futuro. Desidero solo evidenziare il fondamentale contributo dato dagli speleologi del C.A.I. di Ancona alla realizzazione del Parco del Conero e alla sua salvaguardia speleologica. Mi chiedono spesso quali vantaggi abbiamo ottenuto dopo la scoperta della Grotta del Fiume e della collegata Grotta Grande del Vento: non ne abbiamo chiesto nessuno! Dal magnifico territorio di Frasassi abbiamo preso solo fotografie e lasciato soltanto le impronte dei nostri scarponi. Aver dato la possibilità a tanta gente di provare ” emozioni ” ci ripaga di tutto. Infatti il risultato del nostro lavoro è stato il punto di partenza per il riscatto economico del territorio di Genga, già allora tanto bello ma poverissimo che, in seguito alla nostra scoperta, si è sviluppato in una comunità molto prosperosa traendo profitto dal fatto che le Grotte di Frasassi sono divenute uno dei poli più importanti del turismo marchigiano, oltre che un vanto del nostro patrimonio naturalistico italiano. Nel 2013, esaudendo il nostro più grande desiderio, il Consorzio FRASASSI che gestisce le grotte, tramite la sensibilità del suo nuovo Presidente Gen.Cecchi e del Sindaco di Genga Menardoni, riconoscendo moralmente e definitivamente che sono stati gli speleologi del Gruppo Speleologico Marchigiano C.A.I di Ancona a scoprire il complesso carsico Fiume-Vento di Frasassi, ha inviato a tutti coloro che hanno partecipato all’impresa una preziosa tessera personale d’ingresso gratuito a vita alla Grotta Grande del Vento di Frasassi. Come seguito a questo formale riconoscimento, nel 2016 in occasione dei festeggiamenti per 45° anniversario della scoperta, a tutti i primi esploratori del G.S.M, il Consorzio Frasassi ha consegnato il prestigioso premio “Gocce d’argento”.
Il 25 Settembre 2021 in occasione dei festeggiamenti per il 50° Anniversario della scoperta della “Grotta Grande del Vento” il Comune di Genga ed il Consorzio Frasassi hanno consegnato a tutti gli scopritori una targa ricordo.
La nostra città, Ancona, ci ha invece ringraziato tutti conferendoci – il 4 Maggio 1997 l’alto onore di un attestato personale di “Civica Benemerenza”, del quale andiamo tutti orgogliosissimi: io Giancarlo Cappanera, Rolando Silvestri, Pietro Pazzaglia, Leonardo Rotini, Fabio Sturba, Maurizio Bolognini, Giuseppe Gambelli, Gianni Cieri, Claudio Santolini, Costantino Cioffi, Mauro Bolognini, Stefano Fiori, Fabio Bentivoglio, Giorgio Lacopo, Mario Pia, Roberto Ragaglia, Franco Ranzuglia, Alberto Copparoni, Massimo Cartechini, Riccardo Bartulucci, Vittorio Bizzarri. (Giancarlo Cappanera) ALTRI SPELEOLOGI (NON TUTTI) CHE FINO AGLI ANNI OTTANTAHANNO CONTRIBUITO A RENDERE MERITORIA ASSOCIAZIONE“GRUPPO SPELEOLOGICO MARCHIGIANO”.Amedeo Griffoni, Piero Mirabella, Pietro Giuseppetti, Gioacchini Maurizio Maria Luigi, Enzo Tarulli, Simoncini Lamberto, Roberto Recchioni, Pergolotti Giorgio, Casoli Piergiorgio, Bocchini Rolando, Santucci Giuliano, Mengarelli Alberto, Sabbatini Sergio, Ruffini Rolando, Ferretti Maurizio, Nicolini Sergio, Gagliardi Simona, Locchi Giorgio, Alessandro Pazzaglia, Alberto Recanatini, Claudia Sandroni, Fabrizio Strappa, Cecilia Totti, Andrea Pazzaglia, Mara Santolini, Carlo Rossi, Sandra Sasso, Gabriele Pietroni, Werter Zambianchi, Claudio Lucarelli, Paolo Brunetti, Maurizio Masini, Giacomo Bugatti, Giovanbattista Legori, Dario Berti, Giuseppe Fiorini e “Vito”,Carlo Fognini, Franco Carbonari, Castignani Edoardo, Stefano Cardellini. Le foto storiche sono state scattate da alcuni componenti del Gruppo Speleologico Marchigiano e/o provengono dai loro archivi privati. Vedi in un’altra sezione di questo sito le foto storiche del GRUPPO SPELEOLOGICO MARCHIGIANOAgg. Luglio 2023Allegato : La prima relazione ufficiale sulla scoperta inviata alla “Rassegna Speleologica Italiana”. RASSEGNA SPELEOLOGICA ITALIANA ORGANO UFFICIALE DI STAMPA DEI GRUPPI GROTTE ITALIANI ANNO XXIV – Fascicolo 1 – Febbraio 1972 Marche:la più lunga grotta italiana In fatto di cavità di grandi dimensioni pare che l’area umbro-marchigiana, la quale sino a qualche anno or sono non primeggiava certamente in fatto di grotte di notevole sviluppo o profondità, abbia ancor molto da dire, a giudicare dal modo con cui è balzata prepotentemente alla ribalta negli ultimi tempi. Dopo le rilevanti scoperte degli speleologi perugini, iniziate nel 1967 e tuttora non esaurite, nella Grotta di Montecucco in Umbria – passata dopo quasi ottantanni di visite turistiche da cavità pressoché pianeggiante lunga qualche centinaio di metri ad una delle maggiori voragini per profondità e sviluppo in campo nazionale ed internazionale è ora la volta di una cavità marchigiana la quale, se saranno confermati dai rilievi strumentali definitivi i primi dati sommari, si piazza al primo posto per sviluppo tra le grotte italiane. Anche in questo caso si tratta di una cavità già da tempo conosciuta e meta di molteplici escursioni da parte degli speleologi delle regioni limitrofe, costituita da ambienti grandiosi e adorna di stupende concrezioni. Facendo seguito allo stringatissimo annuncio comparso sul numero scorso, siamo ora in grado di parlare più compiutamente di questa importante cavità, riprendendo un comunicato ufficiale a firma di Giancarlo Cappanera e Giuseppe Gambelli, inviateci dal Gruppo Speleologico Marchigiano C.A. I. di Ancona: «Dopo una serie di ricerche geologiche il Gruppo Speleologico Marchigiano decideva di battere minuziosamente il Monte Valmontagna (m 900), un massiccio presso S. Vittore in Genga, nella Gola di Frasassi, assai nota tra gli speleologi italiani per le sue grotte. A seguito di queste ricerche, il 25 settembre 1971 alcuni giovani rintracciavano l’apertura di una nuova cavità, subito chiamata Grotta Grande del Vento. In una successiva uscita, dopo un percorso di cento metri tra corridoi e piccole sale, ci trovavamo di fronte ad un gigantesco baratro, il Pozzo Ancona, nel quale scendevamo per 110/n nel vuoto: alla base le nostre luci non ci permettevano di intravvedere le pareti della sala che avevano raggiunto e rivelatasi poi al rilevamento esser lunga 180, larga 150 ed alta oltre i 7 O m. Le ulteriori esplorazioni sono state per noi emozionantissime: camminavamo per chilometri entro sale di 50, 100 200 m di lunghezza, ricche di eccezionali concrezioni alabastrine; nelle caverne maggiori abbiamo trovato stalagmiti gigantesche alte dai 10 ai 15 m e con diametro di base di oltre 5. Nei primi giorni del 1972 una squadra di speleologi del C.A.I. Fabriano, prendendo le mosse da esplorazioni precedenti, scopriva una strettoia lunga circa 100 m che unisce la Grotta Grande del Vento con il ramo scoperto nel 1971 dallo Speleo Club “Città di lesi” nella già nota Grotta del Fiume. In tal modo il complesso ipogeo diventava veramente grandioso e, rimettendoci esclusivamente alle parti fino ad ora esplorate,siamo giunti alla conclusione che eravamo di fronte al sistema carsico più lungo d’Italia: oltre 12 chilometri. Per accennare brevemente dal lato geologico all’origine della cavità, è necessario considerare la serie stratigrafica marchigiana, nella quale, sotto al calcare massiccio, giace un sedimento evaporitico (anidrite, come verificato dalle perforazioni dell’AG I P nei Pozzi Fossombrone e Burano I) attraversato da una falda artesiana che rende l’acqua mineralizzata. La risalita di acque sulfuree è stata poi favorita in questa zona da discontinuità tettoniche quali faglie e diaclasi. Dai primi filetti idrici risalenti lungo i piani di discontinuità, si passa gradualmente a delle vere condotte forzate del diametro di 3-4 m. A queste si deve la formazione della struttura base, dello scheletro del sistema ipogeo che dovrebbe aver interessato tutta la formazione del calcare massiccio. Successivamente con l’abbassamento del livello di base e la rottura del manto marnoso (rosso ammonitico) è iniziata la fase di percolazione dell’acqua verso livelli inferiori, lasciando emergere il grandioso fenomeno ipogeo. Dapprima la dissoluzione della roccia faceva crollare i diaframmi tra le varie condotte, creando le prime paleosale, mentre in un secondo tempo è avvenuto uno sprofondamento alla base di queste, sia per l’azione delle acque che per la attività del torrente Sentine, che ora taglia a metà la Gola di Prosassi. Testimonianza di questo continuo franamento e conseguente allargamento delle paleosale si ha alla base del Pozzo Ancona, ove si rinvengono blocchi di gesso residui delle condotte franate durante l’allargamento del pozzo stesso. La grotta si presenta in tutta la sua grandiosità già sul ciglio del pozzo. Questo presenta netti segni di sprofondamenti avvenuti lungo tutte le pareti; si notano infatti condotte forzate che vi si immettono, formazioni e resti più arretrati delle condotte che sprofondando hanno dato origine alla voragine. Esso ha la forma di un imbuto rovesciato e lungo le pareti sono evidenti pseudo giunti di stratificazione, caratteristici del calcare massiccio; ciò è evidenziato dal fatto che nella parte superiore è assente ogni tipo di concrezione. La base è rap-presentata da una frana che declina da Est ad Ovest: verso la fine lo stillicidio della volta ha formato una serie di immense stalattiti, tra cui una alta 12 m ed in pendenza naturale di 15 gradi. Nella sala, oltre ad eccezionali formazioni stalattitiche, esistono colate bianchissime di calcite che determinano vari laghetti. Dove termina la grande frana inizia una serie di passaggi che portano in grandiose sale, ricche di enormi spessori di gesso; la maggiore di queste, lunga 200 m e larga 50, è impostata su una diaclasi ben visibile in una parete di 40 m non ancora franata. Ad un certo punto durante le esplorazioni ci siamo accorti che le concrezioni cessavano improvvisamente, mentre riapparivano evidenti le solcature causate dall’acqua solfurea sulla roccia. Continuando si attraversano ancora grandiose sale, parallele a quella di duecento metri di lunghezza, separata le une dalle altre da giganteschi diaframmi. Tra queste una ha come pavimento una frana inclinata verso Nord che finisce in un pozzo di 25 m di diametro e profondo 30; alla base si trovano una serie di vasti laghetti, separati tra di loro da diaframmi di roccia, con uno spessore d’acqua di oltre 30 m: questi rappresentano l’attuale livello di base del complesso. Nella cavità esistono diversi piani posti ad una quota tra i 50 ed i 70 m superiore a quella dei laghetti di fondo: si tratta evidentemente di antichi livelli di base. In alcune sale sono stati trovati inoltre probabili filoni di solfato di rame e di rame nativo, attualmente oggetto di analisi presso l’Università di Bologna». Per concludere questa notizia vorremmo sottolineare alcuni punti. Anzitutto occorrerà attendere il completamento e la stesura del rilevamento topografico per conoscere l’esatta consistenza metrica di sviluppo della cavità. In ogni caso la rilevante estensione è data non da una singola grotta, ma bensì dall’unione di due cavità, la nuova Grotta Grande del Vento e la vecchia Grotta del Fiume, per cui sarà bene tener presente questo fatto nella nomenclatura, indicandola quindi come Complesso sotterraneo Grotta del Fiume-Grotta Grande del Vento mantenendo i nomi delle due grotte per le singole parti. Condividiamo infine appieno l’appello della Federazione Speleologica Marchigiana rivolto a tutti i colleghi italiani affinchè, oltre allo studio della grotta, elaborino in particolare al rispetto ed alla salvaguardia delle sue singolari bellezze. La Redazione dì R.S.I. Anno 1976, 5° Anniversario della scoperta della “Grotta Grande del Vento” di Frasassi.
GRUPPO SPELEOLOGICO MARCHIGIANO C.A.I ANCONA CONVIVIO IN OCCASIONE DEL 25° ANNIVERSARIO DELLA SCOPERTA DELLE GROTTE DI FRASASSI-GENGA (ANCONA) AVVENUTA IL 25/9/1971. Intervento in ricordo sul tema “Avvenimenti che portarono alla scoperta“ tenuto il giorno 05/10/1996 da Giancarlo Cappanera in occasione della Cena Sociale organizzata dal Gruppo Speleologico Marchigiano C.A.I di Ancona per festeggiare i cinque lustri passati dalla scoperta della Grotta Grande del Vento. *** A tutti un caloroso benvenuto! Vedere questa sera qui riuniti gli amici vecchi e nuovi riempie di commozione ed esalta il vero senso della scoperta che stiamo festeggiando. Essa fu la summa grandiosa di anni di duro lavoro svolto da tante persone dal cuore giovane unite da una vera amicizia e da un grande amore per la Grotta. Rievocando quegli anni è d’obbligo menzionare prima di tutti i nostri “padri fondatori” che, allora giovani studenti pieni di spirito di avventura,diedero vita nel gennaio del 1948 al Gruppo Speleologico Marchigiano:
Negli anni ’50 il G.S.M si distinse come uno dei principali promotori e diffusori della speleologia in Italia sviluppando anche un’importantissima attività scientifica. Nella seconda metà degli anni ’60 un radicale cambio generazionale che non fu possi bile programmare, provocò una crisi organizzativa e di attività tale che fu sfiorato più volte lo scioglimento del Gruppo. Se questa sera così felice noi tutti siamo qui però lo dobbiamo principalmente ad una persona che maestro di vita prima e poi di speleologia, con tutta l’anima si impegnò per il suo rilancio. Orgoglioso del privilegio dell’amicizia che mi ha concesso, è a Pietro Pazzaglia che con il cuore di ragazzo e la mente di un cinquantenne voglio dire a nome di tutti grazie. Con Pietro voglio ringraziare anche coloro che in quei momenti lo aiutarono e gli furono vicini:
A questi “Ulisse” in particolare si confà il Verso 97 del Canto 26° dell’Inferno che è il nostro motto: “Vincer potero dentro di me L’occasione ora è d’obbligo per un ricordo breve ma cronologico degli avvenimenti che portarono alla scoperta della Grotta del Vento di Frasassi. A partire dal 23/5/1971 io fui l’istruttore del “1° Corso di introduzione alla Speleologia” organizzato dal G.S.M per addestrare le nuove leve di coraggiosi appassionati che la nostra azione di proselitismo aveva richiamato. Durante una lezione, per colpire la fantasia dei giovanissimi partecipanti, raccontai la “favola” del Foro degli Occhialoni, due grandi buchi che trapassano quasi la cima della montagna nel versante opposto a quello dell’odierna entrata turistica, per intenderci, lato “Grotta del Mezzogiorno”. Dissi che si poteva ipotizzare che questo residuo di grotta poteva avere avuto in passato, molto ipoteticamente, un proseguimento alla stessa altezza nel versante opposto visto che l’acqua del fiume Sentino sciogliendo il calcare e scavando le grotte, aveva tagliato in due la montagna formando la Gola di Frasassi. La storiella finì li. Nel settembre del 1971, ritornando un giorno a casa in treno da Rimini dove lavora vo, incontrai Rolando Silvestri, un giovanissimo partecipante al corso di speleologia da me tenuto. Durante il tragitto verso Ancona, parlammo di tante cose, naturalmente di grotte e del fatto che da qualche tempo non frequentava la nostra Sede. Rolando rispose con una serie di scuse poco convincenti ma poi mi disse: “Sai Giancarlo, non è vero che ho dimenticato la speleologia, alcuni giorni orsono sono stato a Genga con un amico con il quale mi sono arrampicato fino all’altezza del Foro degli Occhialoni ma nel versante opposto. Abbiamo trovato dei piccoli buchi che entravano nella roccia, uno in particolare ci è sembrato che proseguisse“. Conoscevo bene quella zona ma buchi “di particolare interesse” non ne avevo mai visti. L’ostinazione con la quale Rolando insistette, anche nel dubbio, mi fece sorgere alcuni sospetti che allora non avrei mai confidato a nessuno per il timore di essere giudicato, primo dai miei vecchi compagni di grotta ,un credulone troppo fantasioso. Accantonando le mie presunzioni di “vecio speleologo” e senza una motivazione sostenibile, però feci l’atto di fede umana più ispirato della mia vita, organizzai per il sabato successivo una estemporanea spedizione di ricerca nell’ambito del Corso di Speleologia. Il resto è noto a tutti, era sabato 25 settembre 1971 quando il buco trovato da Rolando Silvestri che si era aperto per lo scivolamento di un terreno di riporto essiccato dalla calda estate, ci portò alla scoperta della Grotta Grande del Vento. Dopo un giorno e una notte di frenetico lavoro, nel corso della domenica 26 sfondammo il diaframma di due metri del fronte di frana che ostruiva il passaggio del “Vento”. Nessuno riuscì ad infilarsi dentro lo strettissimo e ventoso foro da noi aperto fino a sabato 02 ottobre quando Fabio Sturba, il nostro più bravo esperto in strettoie, riuscì con coraggio ad entrare nel buco che scoprimmo praticato fortunosamente quasi nella sommità del fronte di frana. Non si può descrivere l’emozione e la gioia sfrenata che provammo in quei momenti e quando arrivammo alla “Sala del Trono” sopra il pozzo, subito battezzato “Ancona”, che definimmo erroneamente “abisso” tanto ci sembrava senza fondo al lancio rituale del sasso. La domenica del 10 ottobre fatta la conta ragionata su chi doveva avere l’ambita precedenza nella discesa, la sorte compose la formazione di discesa del primo gruppo di esplorazione:
Sull’orlo del pozzo erano presenti quasi tutti i componenti del G.S.M e nessuno ebbe nulla da ridire sulla decisione concordata. Maurizio coraggiosamente scese gli 80 metri di scalette disponibili senza trovare o vedere il fondo e solo allora fummo totalmente consapevoli della grandiosità della nostra scoperta. Sabato 16 ottobre 1971 con 120 metri di scalette metalliche approvvigionate in gran fretta, Bolognini, Sturba, Cappanera e Gambelli, con l’aiuto e lo sforzo determinante di altri venti compagni toccarono il fondo del pozzo “Ancona”. Noi quattro fortunati, ancora impazziamo dalle risate ricordando che, travolti dalla felicità e dalla emozione, in un primo momento cercammo di andare ancora più in profondità “infognandoci” in un cunicolo cieco. Solo dopo esserci ripresi dallo sbandamento abbiamo iniziato a realizzare il contesto e le dimensioni dell’ambiente gigantesco in cui eravamo scesi. Arrivati alla ” Sala delle candeline” lo stordimento emozionale arrivò alle stelle. Permettetemi una nota personale: in molti durante questi anni mi hanno chiesto di raccontare le sensazioni provate in quei momenti ma è difficile esternare pienamente una delle gioie più grandi della mia vita. Dopo 25 anni, nel turbinio ancora vivissimo di sentimenti e di emozioni, da poeta dilettante ho trovato oggi, tramite questa poesia, il solo modo per esprimerle. *** Frasassi 25 anni dopo. Ho disceso l’abisso più profondo del cuore Quando non vidi più quella mano che Il buio Allora ho letto nell’immensità del “Vento” Quando ho rivisto lassù 25/9/1996 Giancarlo Cappanera *** Vorrei ora rivolgermi alle nuove leve del G.S.M. Ho due appuntamenti da darvi prima di passare alla parte finale e più importante del mio intervento. Il primo è quello per il Gennaio 1998 anno del 50° anniversario della fondazione del Gruppo Speleologico Marchigiano; il secondo lo lancio a tutti noi per il 25/9/2021, cinquant’anni dopo la scoperta della Grotta Grande del Vento di Frasassi, quel giorno non siano dimenticati coloro che nel frattempo saranno scesi nel pozzo più profondo. Ed ora vorrei svelare a tutti, ma in particolare ai giovani, il nostro più bel segreto, quello che ci rende ancora più orgogliosi di avere fatto parte di questo gruppo di amici. Allora come ora, non tutto andava liscio; le difficoltà organizzative e finanziarie spesso ci portavano a polemizzare tra di noi. Salutari e costruttive dispute giovanili dove però mai nessuno ha anteposto il proprio interesse a quello del Gruppo. Il 03 luglio del 1971, durante un’assemblea del G.S.M, tra alcuni di noi e Maurizio Bolognini sorse una disputa su come superare alcune difficoltà organizzative. Messo in chiara minoranza Maurizio, nella sua coerenza, si astenne dal frequentare da quel giorno il G.S.M reclamando il suo dissenso. 05/10/1996 Giancarlo Cappanera Il GRUPPO SPELEOLOGICO ANCONETANO (G.S.A) (Memorie di Gioacchini Maurizio Maria Luigi) Tutto comincia nel 1964. Fui invitato in un giorno di primavera dal compianto Avv. Paolo Brunetti ad una gita alla grotta di Frasassi. Partimmo con la sua Renault 4 bianca avorio con dei nuovi amici. Eravamo Paolo Brunetti, Claudio Lucarelli, Alberto Baglieri, Alberto Mengarelli ed io. (Tutti Torrettani meno me e il buon Ciccino (Alberto Mengarelli). Strane lampade portatili da minatori e pile ridicole. Con la R4 la prima pazzia. Risalimmo in auto il vecchio sentiero che portava alla Grotta. Ero dalla parte a strapiombo e mi stavo “cagando addosso” in special modo verso la fine. Ci avventurammo nella grotta e il primo impatto fu straordinario, fin tanto che da monelli, disturbammo volutamente le colonie di pipistrelli, e noi sprovvisti di casco. Risvegliati e Spaventati dal loro volo radente, il terrore si impadronì, cercando di evitare che si potessero impigliare nei nostri capelli. Andò tutto bene e ci innamorammo dell’avventura. Lì nacque il GRUPPO SPELEOLOGICO ANCONETANO (GSA). Seguirono poi attrezzature adeguate per i tempi, quasi tutte le grotte locali. Insomma un gruppo molto attivo, Ho cominciato a scendere nei pozzi con la Manilla, le prime scalette d’acciaio le facevamo nel garage di Ciccino.che era rappresentante di ferramenta. Conoscemmo altri gruppi come i Nottoloni di Macerata con l’amico Polzinetti, Jesini e Fabrianesi. A noi si aggiunsero poi nello stesso anno: Antonio Ernani, Roberto Capozzi, Maurizio Masini (primo Presidente), e moltissimi altri che portavamo in visita alla Grotta del. Fiume per adescarli ad entrare nel Gruppo. Oggi si chiamerebbe promozione. E molti entrarono e molti se ne andarono.
In ottobre sempre del 64 mi cercò Pietro Mirabella detto Piero. Lo conoscevo di vista perché la madre aveva una Latteria in Via D.Chiesa, nei pressi di Stadio Bar che frequentavo abbastanza sovente. Timido, impacciato e piuttosto silenzioso aderì nel Gruppo. Per la sua prima uscita, lo portammo alla Grotta del Vernino e li nei pressi dell’entrata diede subito la dimostrazione della sua determinazione. Scovo’ un buco che scendeva elicoidale per due metri circa. Subito ci si infilò desideroso della scoperta di chissà che cosa. Peraltro possibile. Riuscii ad afferrarlo per le caviglie e suggerirgli di mettere le braccia avanti per lavorare ed avere la possibilità di spinta per poter retrocedere. Testardo come un mulo, fu costretto a ritornare fuori non senza tirarlo indietro per le caviglie. Comunque successivamente entrarono nel gruppo una ventina di persone. I primi furono in ordine di nuovi soci, Giuliano Santucci classe 1938, poi Pietro Pazzaglia classe 1936 ed infine Leo Rotini, classe 1938, tutti reduci del vecchio GSM, ormai inesistente. Poco tempo dopo rifondammo il nuovo GSM con me segretario e Santucci Presidente. Era il 1966 se ricordo bene. Ci fu offerta la Sede dall’Anpi in Via Leopardi sopra il Ristorante la Bussola. Entrarono a farne parte i sommozzatori Paolo Frittella, Giorgio Gagliardini, Giorgio Miglietti e la Rai tv ci accompagnò e filmò l’esplorazione subacquea e non, al Laghetto della Grotta del Fiume con esiti insoddisfacenti. Subito dopo entrarono a farne parte Rolando Ruffini, Gianni Cieri, Maurizio Ferretti, Maurizio Bolognini, Giorgio Lotti, Giuseppe Gambelli, Lamberto Simoncini, il tosacani (mi sfugge il nome) ed altri che al momento non ricordo. Il gruppo storico Maurizio Gioacchini, Alberto Mengarelli, Claudio Lucarelli e Piero Mirabella continuo’ per anni ad uscire per proprio conto, talvolta con Piero Pazzaglia, Leo Rotini e Giuliano Santucci. Le ragioni furono di condivisione amicale ormai radicata e divertente. L’ultima uscita professionale la feci nel 1976 non per stanchezza ma causa lavoro che mi portò a lavorare altrove. Ad Agosto del 1975 scalammo il Gran Paradiso ma alla vetta arrivammo solo Piero Mirabella, io e Mino Claudio Lucarelli. E qui ci sono aneddoti a non finire. Altri dieci, fra cui Ciccino e Lotti, si fermarono in una sella a 300 metri dalla vetta. Nel 1978 io e Piero Mirabella andammo ad esplorare le grotte laviche dell’Etna. Con attraversamento dei fiumi di lava attivi e Rossi inferno. Rischio elevatissimo fatto alla Garibaldina come al solito che nemmeno Tazieff, il vulcanologo, quei giorni lì, con la tuta di amianto, si azzardo’ a fare. Gioacchini Maurizio Maria Luigi.“Come può morire un Gruppo Speleologico”. Quest’anno ricorre il 70° anniversario della fondazione del Gruppo Speleologico Marchigiano (G.S.M) di Ancona e quello della scoperta della Grotta del Fiume di Frasassi (28.6.1948) effettuata dal padre della speleologia marchigiana, Mario Marchetti. (Giancarlo Cappanera)
Agg. Luglio 2023
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