Dal sito Web del Gruppo Speleologico
GEO C.A.I Bassano
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Il termine SPELEOLOGIA è stato creato alla fine del secolo scorso dal francese Eduard Alfred Martel, e deriva dal greco speleaion (grotta o caverna) e logos (scienza), quindi la speleologia sembrerebbe la scienza che studia le grotte. La speleologia, invece, non è solo una scienza,ma un concentrato di emozioni, sensazioni, un’attività sportiva che impegna sia fisicamente che mentalmente, un condensato di meravigliose esperienze naturalistiche e personali. E’ cultura, perché lo speleologo studia l’ambiente in cui si muove, i fenomeni naturali che incontra, la conformazione delle grotte, la formazione e la mutazione di queste.
La speleologia è anche un viaggio dentro se stessi, grazie alle sensazioni che si provano a contatto con il silenzio, con il sussurrante rumore che possono creare i meandri, cunicoli, le strettoie, i pozzi, le vene di acqua, un imperdibile momento in cui man mano che si percorre la grotta questa si svela a noi lentamente illuminata dalla luce dei caschi. Ma la speleologia è anche un forte collante tra coloro che la praticano: vivere insieme la grotta unisce le persone, le fa conoscere, crea quel forte desiderio di stare assieme anche oltre l’attività. Insomma, un vero concentrato di quello che nella nostra vita ricerchiamo.L’esplorazione delle caverne è tra le più antiche attività umane. Sin dalla preistoria i primi abitanti della terra si spingevano oltre le entrate dei grottoni, spingendosi nell’interno alla ricerca di ripari, di un luogo sicuro in cui stare e vivere. Sulle pareti più nascoste, venivano fatti segni e graffiti , propiziatori di buona caccia e fertilità, si celebravano riti, si plasmavano sculture di fango e si costruivano manufatti Le grotte hanno avuto un ruolo fondamentale nella mitologia e sono una costante di tutte le religioni. Una prima prova storica di attività speleologica viene fatta risalire all’853 a.C., quando il re assiro Shalmaneser III visitò alcune caverne alle sorgenti del fiume Tigri. All’inizio del XVI secolo Leonardo da Vinci visita e descrive due grotte della lombardia (la Ghiacciaia di Moncodeno e la Grotta di Fiumelatte): “Tirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere la gran coppia delle varie e strane forme fatte dalla artifiziosa natura, raggiratomi alquanto infra gli ombrosi scogli, pervenni all’entrata di una gran caverna; dinnanzi alla quale, restato alquanto stupefatto e ignorante di tal cosa, piegato le mie reni in arco e ferma la stanca mano sopra il ginocchio, e colla destra mi feci tenebre alle abbasate ciglia; e spesso piegandomi in qua e là per vedere se dentro vi discernessi alcuna cosa; e questo vietatomi per la grande oscurità che là dentro era. E stato alquanto, subito salse in me due cose: paura e desiderio; paura per la minacciante e scura spilonca, desiderio per vedere se là entro fusse alcuna miracolosa cosa“. Il XVI secolo segna la nascita vera e propria della speleologia. Piero Coppo agli inizi del 1500 s’interessò del misterioso corso sotterraneo del fiume Timavo nel Carso Triestino e il frate bolognese Alessandro Alberti che esplorò varie grotte d’Italia, facendo anche uno studio sul Timavo. In quegli anni venne scoperta una prima specie faunistica ipogea: il Niphargus.Iniziarono i primi studi sul fenomeno delle concrezioni, Nel 1689 in una sorgente vicino Lubiana, venne scoperto scopre il primo esemplare di Proteus Anguinos, descritto come un piccolo di drago. Ma è nel 1894, quando l’avvocato francese Edouard-Alfred Martel manda alle stampe Les Abimes (gli Abissi), che si compie la vera svolta per l’attività speleologica. Nel 1888 Eduard Alfred Martel, entusiasmato dalla speleologia abbandona la sua professione per dedicarsi interamente alla speleologia, esplorando un migliaio di cavità in diversi paesi europei, contribuendo con propri scritti a fare la vera storia della speleologia moderna, tanto che viene considerato il vero padre della speleologia. Martel inventa il termine “speleologia” e descrive con dovizia le tecniche con le quali ha esplorato 230 cavità Martel considerò l’esplorazione diretta delle grotte come il miglior mezzo per studiarle e descriverle scientificamente. Sino allo scoppio della prima guerra mondiale, la speleologia vede un lento ma costante sviluppo, grazie ai contributi di tanti esploratori e tra le due guerre, ebbe una crescita di interesse tanto che nel 1925 viene pubblicato il libro Duemila grotte, nel quale sono descritte 2.124 grotte dell’area del Venezia Giulia. Dopo la I Guerra Mondiale si assiste ad un’esplosione nel mondo speleologico con la nascita di più gruppi in Italia e con l’esplorazione di svariate cavità fino a profondità mai raggiunte prima. L’avvento della II Guerra Mondiale, con la perdita di importanti nomi di accaniti esploratori e perdendo poi l’Istria, sarà causa di retrocessione della speleologia italiana che farà molta fatica a riprendersi dopo tale catastrofe. Ma nel 1948 ad Asiago verrà organizzato il II Congresso Nazionale di Speleologia che, pur con pochi partecipanti, costituirà la premessa della rinascita dell’attività. Nel 1950 verrà “rifondata” la S.S.I. (Società Speleologica Italiana) e poi ci sarà la pubblicazione della rivista “Rassegna Speleologica Italiana” che sostituirà degnamente per 25 anni “Le Grotte d’Italia”. Nel 1965 si costituisce il benemerito Soccorso Speleologico (C.N.S.A.S.). La tecnica esplorativa progressivamente si evolve: alle pesanti ed ingombranti scale di corda del periodo prebellico si sostituiscono dapprima quelle con cavi in acciaio e pioli in legno, poi quelle con cavi in acciaio più sottili e stretti pioli in leghe leggere, fino ad essere soppiantate negli ultimi anni dalle tecniche di progressione su sola corda, che hanno consentito di espandere ancor di più l’attività, grazie alla semplicità di utilizzo di tali tecniche.
Un attrezzo che ha permesso nel 900′ lo sviluppo delle esplorazioni speleologiche.
Caduto ormai in disuso perchè sostituito negli anni 2000 dalle lampade a Led, l’acetilene è un attrezzo composto da due contenitori collegati con un sistema ad incastro. L’acqua contenuta nel contenitore superiore , dosata dalla rotellina in alto, colando sul carburo contenuto nel contenitore inferiore , produce un gas infiammabile , che fuoriuscendo dal beccuccio si può accendere per ottenere luce per alcune ore.